Catinaccio di Antermoia

Il Gruppo del Catinaccio è per estensione uno dei maggiori gruppi dolomitici con i suoi oltre 110 km quadrati di superficie e insieme con lo Sciliar forma il Parco naturale dello Sciliar-Catinaccio. Il toponimo richiama la forma a catino della sua cima principale, anche se in tedesco questo gruppo è chiamato Rosengarten, che significa giardino di rose, dalla leggenda altoatesina del Re Laurino.
Ben due cime di questo Gruppo condividono la medesima denominazione: la principale anche se non la più elevata è il Catinaccio, ed è situata all’estremità nord-occidentale del Gruppo, mentre la seconda è il Catinaccio di Antermoia, situato al termine della Valle del Vajolet ed in posizione centrale nel massiccio.

Il Catinaccio di Antermoia con i suoi 3004 metri è la cima più elevata del Gruppo, ma data la sua posizione interna è visibile solo quando ci si inoltra in una delle valli che lo attraversano, come la Val Duron o la Valle del Vajolet, o si risale una delle numerose cime che lo attorniano, come lo Scalieret o le Torri del Vajolet.

In un precedente articolo (vedi qui) avevo già valutato l’idea di risalire la cima del Catinaccio di Antermoia per la via ferrata, ed è finalmente giunto il momento di attuare il proposito. Non mi dilungo con i dettagli dell’avvicinamento, che il post precedente riporta in abbondanza e mi concentro invece a raccontare la ferrata vera e propria.

Per iniziare la via raggiungo Passo Principe, che già da solo vale il prezzo del biglietto: il Passo è una delizia per gli occhi, con il suo Rifugio addossato ai bastioni di roccia della Cima Valbona e la memorabile vista sull’intera Valle del Vajolet con le omonime Torri e Cima Catinaccio che ho già menzionato, ma con in più tutto quello che si affaccia sull’altro versante del Passo in direzione Nord, dal Molignon fino all’Alpe di Siusi.

L’attacco si trova poche decine di metri sopra al Passo, e per raggiungerlo bisogna risalire il ripido pendio detritico antistante il Rifugio. Non trovo nessuna indicazione del tipo “Ferrata” o “Via attrezzata”, ma basta seguire la freccia, anzi le frecce rosse dipinte su alcuni massi che si trovano sul tratto iniziale.

Completati alcuni zig-zag sui detriti raggiungo un ampio pulpito dove indossare l’attrezzatura, e incontro altri escursionisti che si stanno preparando: la via oggi è molto frequentata e la compagnia non manca. Scambio qualche battuta e poi mi butto sul sentiero.

I primi metri procedono su terreno facile all’interno di un canale finchè non raggiungo l’attacco vero e proprio con il relativo cavo di sicurezza. L’avventura inizia!

Il primo tratto attrezzato mi consente di superare una cengia un po’ esposta che rappresenta uno dei pochi passaggi impegnativi di tutta la via. Scendo poi di qualche metro tramite una comoda scaletta a pioli che facilita il passaggio e mi riporta sulla cengia che taglia obliquamente questo spigolo di montagna.

Mi infilo in un canalino sopra al quale sta sospeso un masso, incastrato lì da chissà quanto tempo (e speriamo che ci resti). Si arrampica su facile roccia con l’unica attenzione di non buttare sassi a chi segue.

Uscito dal canalino proseguo su buona roccia, con sentiero tracciato e cavo sempre a portata. Dove non c’è il cavo ci sono indicazioni e segnavia e la manutenzione è ottima. Fa sempre piacere trovare una via in queste condizioni.

Aggirato il primo e importante spigolo roccioso si ritorna in vista della Valle del Vajolet e delle cime che la racchiudono, in particolare punta Scalieret, una cima di tutto rispetto dietro alla quale si nasconde l’altipiano del Larsech. Vedo in basso la lunga fila degli escursionisti che risalgono verso il Passo di Antermoia per poi scendere al lago.

Il versante che sto risalendo è esposto a Sud e la giornata è particolarmente calda, ma scopro con sorpresa un residuo accumulo di neve, da cui esce un rigagnolo d’acqua, alimentato anche da una cascatella a monte che trovo proseguendo più avanti. Sono in riserva d’acqua e ne approfitto per ricaricare le borracce. Anche se povera di sali, quest’acqua almeno è fresca.

Ora il percorso è diventato più facile, si cammina su solida roccia e non su detriti, guadagnando rapidamente quota. Il cavo qui ha una funzione puramente di accompagnamento e non c’è bisogno di applicare trazione.

Di nuovo la vista si apre sulla Valle ma ora grazia alla maggior quota raggiunta ammiro Cima Catinaccio da una posizione che permette di osservare la tipica forma a catino.

Ora serve un ultimo sforzo per il tratto finale della via, ma la croce di vetta è già visibile e la fatica per giungere fin qua è dimenticata.

L’ultimo tratto che conduce alla croce di vetta rappresenta forse la parte più impegnativa dell’intera escursione. Il cavo di sicurezza termina uscendo sull’anticima e da qui si prosegue in orizzontale con il solo ausilio di alcuni pioli e staffe metalliche. Devo stare attento a dove posare i piedi perchè la traccia è praticamente inesistente e l’esposizione su entrambi i lati della cresta è notevole.

La vista però è straordinaria. Spiccano in primo piano, oltre le vicine Crode del Lago, il Sassolungo/Sassopiatto, il Gruppo del Sella con dietro le Odle, la Marmolada, i Monzoni con dietro le Pale di San Martino. In bella vista il Lago di Antermoia, vero gioiello alpino incastonato al centro del massiccio. A Nord-Ovest, non inquadrato il caratteristico profilo dello Sciliar che sovrasta l’Alpe di Siusi.

Conclusioni
Per la discesa sarebbe consigliabile l’utilizzo del sentiero che scende la parete Est del Catinaccio di Antermoia e giunti all’incrocio con il sentiero 584 risalire il Passo di Antermoia per poi ridiscendere a Passo Principe chiudendo il giro. Data la scarsità di tempo devo invece percorrere a ritroso la ferrata e ritornare direttamente a Passo Principe per la via più breve.
La ferrata è facile, non ci sono passaggi che richiedano abilità tecniche e quindi si presta benissimo per accompagnare i principianti, data anche la ridotta esposizione, se si eccettua la cengia nel primo tratto. La godibilità del panorama è massima: oltre ad una vista perfetta su tutto il Gruppo del Catinaccio sono visibili molti dei principali gruppi dolomitici.

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